La tristezza invernale vede il suo picco in un giorno preciso dell’anno, il terzo lunedì di gennaio. Si manifesta in modo differente a seconda della latitudine e del sesso colpendo soprattutto le donne, che ne risentono quattro volte più degli uomini. Comprendere il fenomeno aiuta a fare i conti con i suoi effetti

Avrà certamente sorriso lo psichiatra Norman E. Rosenthal quando, nel 1984, ha concordato con i suoi colleghi del National Institute of Mental Health che quel misto di sintomi depressivi che ci coglie nel bel mezzo dell’inverno si sarebbe chiamato SAD (in inglese, vuol dire triste, ndr). Il Seasonal Affective Disorder – disordine affettivo stagionale – si manifesta con uno spettro di sensazioni che include letargia, fatica, fame mentale (carboidrati soprattutto), senso di inutilità, perdita di interesse e di appetito sessuale, ritiro dalle interazioni sociali e difficoltà di concentrazione. Ma non è solo la stagionalità del fenomeno che ha colpito i ricercatori: il disordine, infatti, si manifesta in modo differente a seconda della latitudine e del sesso. L’incidenza in Florida, il cosiddetto “Sunshine State” (lo stato del sole) è dell’1,4%, mentre in Alaska sfiora il 10% e in Finlandia si aggira sul 9,5%. Le donne, invece, ne risentono quattro volte più degli uomini.