Fare i conti con la nostra storia è una tappa quasi obbligata. E se a 40 anni la vita improvvisamente risulta “stretta” è del tutto fisiologico: il conseguente desiderio di cambiare è sano e la convinzione che gli anni migliori siano finiti lascia spazio a nuove prospettive, obiettivi e desideri

Abituati a pensare il tempo come una freccia che si muove nello spazio, da sinistra a destra o come una lancetta che percorre un quadrante di un orologio, siamo impreparati a fare i conti con la comparsa nella nostra vita di una forma a “U”. Eppure, come racconta Jonathan Rauch, senior fellow della think tank Brookings Institution e autore di “The Happiness Curve: Why Life Gets Better After 50” (La curva della felicità: perché la vita migliora dopo i 50 anni, ndr), sembra che sia proprio questa l’andamento che caratterizza la nostra vita. La curva a forma di “U”, in realtà, è stata descritta inizialmente da due economisti, David Blanchflower e Andrew Oswald. Analizzando i dati di 80 paesi, i ricercatori hanno scoperto che il punto più basso di solito si trova fra i 46 e i 55 anni. Paradossalmente, questo fenomeno si manifesta soprattutto fra le popolazioni più ricche, sane e con la più lunga aspettativa di vita. “La cosa più strana di tutte, è che quello che consideriamo il punto più basso dell’esistenza generalmente è fatto di nulla”, ha confessato Rauch.

In pratica, la crisi è una naturale transizione. Per quali ragioni, dunque, persone con una vita tecnicamente perfetta – una relazione sana, un lavoro, buona salute e nessuna reale preoccupazione – pensano di essere un totale fallimento, provano la tentazione di buttare tutto all’aria, scappare, scomparire e ricominciare da zero? “La sensazione di aver sbagliato tutto ad un certo punto della vita è di solito legata al raggiungimento di determinati obiettivi che ci eravamo prefissati ed al cambiamento di prospettiva dei valori  che spesso ci coglie impreparati”, risponde il dottor Matteo Monego, psicologo e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale di Milano. Insomma, quella che fino a qualche anno prima ci sembrava una vita perfetta può improvvisamente risultarci “stretta” con il conseguente desiderio di voler cambiare.

Come si manifesta

Uno fra i sintomi più comuni dell’approssimarsi di questa fase della vita è che ci sentiamo fuori posto. Dunque, se nella prima parte dell’esistenza abbiamo lavorato e corso per raggiungere degli obiettivi, una volta in cui li abbiamo realizzati, iniziamo a farci delle domande. Per esempio, ci troviamo a fare i conti con il dubbio se abbiamo veramente scelto, desiderato il nostro percorso di vita oppure se abbiamo lasciato che altri – i nostri genitori, la società in generale – scegliessero per noi. Va detto che i ripensamenti non sono un must: “La crisi è generalmente legata al nostro percorso di vita, agli obiettivi che abbiamo raggiunto e agli interessi che abbiamo coltivato. Per fare un esempio, è chiaro che una persona che ha privilegiato esclusivamente o quasi l’aspetto professionale può trovarsi in crisi nel momento in cui vengono meno prospettive di carriera ed emergono maggiormente altri aspetti, come  le relazioni, i rapporti affettivi e le amicizie”, aggiunge il dottor Monego. In più, non bisogna dimenticare che molte scelte nella prima parte della vita sono “obbligate”, segnate cioè dai ritmi sociali – l’università, la professione, la famiglia – e che quando queste “caselle” sono state barrate si può provare un senso di smarrimento. Inoltre, i modelli a cui ispirarsi dopo i 40 anni sono più rari e questo contribuisce a spiegare il senso di disorientamento che, in certi casi, sconfina nell’apatia e nella noia. Oppure, al contrario, nella voglia di sperimentare. La fame di novità chiama in causa la coppia e questo periodo segna rotture, storie con uomini più giovani o anche relazioni con altre donne. Lo sa bene Susie Orbach, la celebre psicologa  britannica, autrice di “Noi e il nostro grasso” e “Corpi” che, dopo trent’anni di matrimonio, si è risposata con l’autrice Jeanne Winterson e oggi si definisce “post-eterosessuale”. “Le relazioni rappresentano circa la metà delle motivazioni di una crisi”, precisa lo psicologo.

Cambiamenti fisiologici

Nel conto entra anche il fatto che il corpo ha il suo orologio. L’approssimarsi della menopausa genera alcuni cambiamenti che impattano sul nostro benessere, con il rischio di farci vedere uno scenario più nero di quello che in realtà abbiamo di fronte. I cambiamenti ormonali, infatti, influenzano l’umore e questo – guardando al quadro familiare – genera una miscela esplosiva nel momento in cui la transizione verso la menopausa si sovrappone all’avvento dell’adolescenza dei figli. “Il crescente divario tra l’età dei figli e quella dei genitori complica le dinamiche intergenerazionali. L’adolescenza di un figlio è un periodo di grossi stravolgimenti che può mettere in crisi il rapporto con i genitori, facendoli sentire spesso “vecchi” e inadeguati”. Anche in questo caso, attenzione alla tendenza. Mentre siamo abituate a pensare alla menopausa come a un evento, il calo di estrogeni non è repentino, ma si manifesta gradualmente a partire da cinque – dieci anni prima, come una forma più accentuata di sindrome premestruale.

Bye-bye rat race

È proprio quando abbiamo toccato il punto più basso e fatto i conti con la sensazione che qualcosa di magico se ne sia andato per sempre che iniziamo a intravvedere la luce dall’altra parte del tunnel. Il percorso dei quarant’anni, infatti, è maieutico. Ci conosciamo meglio, abbiamo accumulato più saggezza e questo ci permette di fare pace con gli obiettivi raggiunti e gli errori commessi. Sapere che abbiamo appuntamento con questa fase della vita può aiutare a relazionarci meglio con la sfida? “In generale, la capacità di anticipare quelle che saranno le fasi successive della vita è un ottimo modo per non farci trovare impreparati una volta entrati in un nuovo periodo”. Alla fine, è più che probabile che quello dei quarant’anni si rivelerà per quello che è: un passaggio che regala consapevolezze sorprendenti. A poco a poco, la convinzione che gli anni migliori siano finiti lascia spazio a nuove prospettive, obiettivi e desideri. Del resto, i ricercatori ci avevano avvisate: a  un certo punto, la curva riprende a salire.