Secondo l’Onu in tutto il mondo circa 36,7 milioni di persone vivono con il virus Hiv. 36,7 milioni di persone che ogni giorno devono lottare contro i pregiudizi.

L’Istituto Superiore di Sanità, invece, fornisce dei dati riguardanti l’Italia: si stima che ogni anno i nuovi contagi siano circa 4 mila, più di 90 mila persone sono attualmente in terapia e altre 20 – 30 mila non sono consapevoli di aver contratto il virus. Secondo i dati raccolti, nel nostro Paese il numero delle nuove infezioni sarebbe stabile, così come quello dei casi di Aids.

Intanto la ricerca prosegue senza sosta. In Australia, per esempio, è stata decretata la fine dell’epidemia. La speranza è quella di poter raggiungere questo traguardo a livello mondiale, prima o poi. Ma cosa prova chi scopre di avere l’Hiv? Cosa succede a livello psicologico e sociale?

Ne abbiamo parlato con il dottor Matteo Monego, gli abbiamo fatto qualche domanda per cercare di comprendere meglio questo tema.

Ho scoperto di avere l’Hiv…

Scoprire di essere affetti da una qualunque malattia di una certa gravità è sempre traumatico; l’integrità dell’essere umano e, a volte, il suo sentirsi “immune” vengono pesantemente intaccati.

Quest’aspetto è sicuramente molto forte nel caso di una diagnosi di Hiv, malattia che purtroppo continua ad essere associata a una sorta di condanna morale e sociale: nell’opinione pubblica è ancora molto presente – troppo presente! – il vissuto per cui una persona sieropositiva è in qualche modo responsabile della sua malattia a causa della condotta “deviante” (tossicodipendenza, omosessualità, rapporti sessuali occasionali, etc.).

La reazione della persona in genere, pur con le inevitabili differenze individuali, comprende sentimenti di paura, ansia, rifiuto, rabbia, colpa, vergogna. Queste sono reazioni del tutto naturali che spesso accompagnano la scoperta di malattie che avranno ripercussioni sulla vita dell’individuo.

È come se tutte quelle che fino a quel momento sono state le certezze della persona, di colpo svanissero: relazioni affettive e sentimentali, sessualità, lavoro, visione del futuro e della morte.

Come affrontare il trauma?

Credo che l’aspetto più importante sia informarsi sul virus ed eliminare ogni pregiudizio che si possa avere sulla malattia, per cercare di averne una visione corretta. Una persona non deve identificarsi con la malattia: è un individuo affetto da Hiv, non il virus stesso!

Superata la paura iniziale si scopre che è possibile vivere un’esistenza normale, con alcuni accorgimenti e modifiche delle proprie abitudini. Si scoprirà che l’atteggiamento mentale è fondamentale per affrontare la malattia stessa.

Un buon equilibrio aiuta il sistema immunitario a reagire nel modo migliore, mentre un atteggiamento passivo e di tipo depressivo non farà che peggiorare il decorso stesso. La terapia farmacologica è in grado di contrastare il virus e garantire una qualità di vita soddisfacente, mentre è la persona a dover “curare” la propria mente per mantenere un buon livello di serenità.

Tra i disturbi principali correlati all’Hiv troviamo ansia, insonnia, depressione, difficoltà di concentrazione: tutti aspetti correlati alla nostra mente e alla sua percezione della malattia.

Quanto è importante chiedere sostegno psicologico?

Per tutti i motivi appena elencati chiedere un aiuto di tipo psicologico è fondamentale: circa il 70% delle persone affette da Hiv sperimenta, ad esempio, forme di depressione. Poter avere una persona con cui confrontarsi, a cui esplicitare le proprie paure e le proprie difficoltà, diventa per alcuni individui necessario per evitare di aggravare la malattia con i sintomi di cui abbiamo appena parlato. Non appena la persona sente di non riuscire a gestire la malattia nei suoi molteplici aspetti, è importante che si rivolga ad uno specialista per affrontare insieme a lui questo percorso.

Quali sono le terapie più adatte, secondo te?

Io credo che non esista una terapia a priori migliore per affrontare il decorso di una malattia: la persona deve scegliere il terapeuta che ritiene, sotto il profilo umano e professionale, più adatto a sé. Questo discorso vale maggiormente se si considerano le connotazioni di vergogna e colpa che ancora questa malattia comporta: trovare uno psicologo o un medico con cui instaurare un ottimo rapporto dal punto di vista umano potrebbe essere decisivo per aiutare l’individuo a trovare un equilibrio rispetto alla malattia stessa.

Come gestire i rapporti con gli altri?

Rispondere a questa domanda non è facile perché ogni soggetto deve decidere se e con chi condividere la propria malattia.

L’ignoranza che spesso accompagna l’Hiv fa sì che, molte volte, la reazione del mondo circostante sia negativa: non è facile per la persona ammalata condividere le proprie condizioni con il mondo esterno. È pur vero però che non si possono vivere due vite senza pagarne le conseguenze: detto in altre parole non è facile gestire una esteriorità rivestita di normalità e una interiorità piena di paure, dubbi, etc.

Scegliere una o più persone con cui condividere il proprio stato credo sia importante per non sentirsi isolati, unici al mondo alle prese con questo virus. È necessario far comprendere loro che bastano poche semplici regole per poter vivere serenamente i rapporti sociali, senza particolari ansie da ambo le parti.

In casi di isolamento, oltre ad un aiuto di tipo psicologico, potrebbe essere utile rivolgersi ad associazioni di pazienti affetti da Hiv per trovare un confronto con persone che hanno o stanno attraversando i nostri stessi problemi.