Avete un amico, un partner o un fratello troppo ansioso? Non capite cosa lo spaventi tanto o perché abbia bisogno di tenere tutto sotto controllo? Potrebbe aver sperimentato nell’infanzia il fenomeno dell’accudimento invertito: una condizione in cui è il bambino a prendersi cura dei famigliari o dei fratelli.
“Sei grande”, “Aiutami” o “Comportati da esempio con i tuoi fratelli” sono solo poche delle frasi che i genitori dovrebbero usare con molta cautela, i bambini e gli adolescenti non dovrebbero mai assolvere a responsabilità più grandi di quelle che corrispondono alla loro età.
Succede spesso ai bambini figli di divorziati, di genitori affetti da malattie croniche o da dipendenze, ai fratelli maggiori a cui sono state affidate le cure di quelli più piccoli di essere adulti eccessivamente ansiosi; questo perché si sono dovute gestire troppe cose in un’età dove qualcuno si sarebbe dovuto prendere cura di loro.
Ansia e rapporti familiari in età infantile
Diciamo che il fratello maggiore a cui viene delegata la cura dei fratelli non se la passa bene, responsabilizzato troppo presto, ma sicuramente il rischio di ansia si prospetta di più nei figli dei divorziati i quali spesso devono accudire un genitore triste e solo che non vuole accettare la fine del matrimonio e che spesso manifesta apertamente rabbia e tristezza per la sua condizione, rendendo l’ambiente teso e difficile.
E quando si manifesta una dipendenza da sostanze o una depressione il periodo in cui il ragazzo è costretto a prendersi cura di un genitore che si abbandona a lui può diventare molto lungo e gravoso. Il genitore depresso o dipendente può passare da stati d’animo molto diversi: dal bisogno come un bambino, anche di essere aiutato a mangiare, agli stati di rabbia impetuosa e minacce di suicidio.
Nel caso più estremo delle malattie croniche ai ragazzi viene chiesto uno sforzo emotivo enorme e sproporzionato, quello di accudire il genitore sino al momento della morte.
Situazioni di questo tipo, a seconda dell’intensità con cui si sono manifestate, facilitano l’insorgere di stati fortemente ansiosi nell’adulto e spesso anche in attacchi di panico: è detto fenomeno dell’accundimento invertito.
Bisogni in età infantile e accudimento invertito
Come ci spiega il nostro esperto, il Dott. Matteo Monego:
La felicità di un bambino passa attraverso il soddisfacimento, fin dai primi anni, dei suoi bisogni emotivi primari, che vanno dall’amore incondizionato dei genitori al rispetto del suo essere, dal riconoscimento di chiare gerarchie familiari al supporto nell’esplorazione del mondo esterno, dalla protezione all’empatia.
Tutti questi bisogni sono di solito assicurati dai genitori e dai familiari più stretti che forniscono al bambino una “solidità” di base che lo aiuterà ad affrontare la vita ed il mondo circostante senza eccessive paure.
È evidente che nel fenomeno dell’accudimento invertito questi aspetti vengono del tutto o in parte disattesi: i ruoli del genitore e del figlio si invertono e sarà il bambino a fornire cure e protezione al genitore più debole.
Le cause di un simile rapporto possono essere molteplici: una separazione mal vissuta da uno dei due partner, una grave malattia, una forma di grave disagio psicologico, problemi di dipendenza da sostanze, eccessivi carichi di responsabilità circa l’accudimento dei fratelli più piccoli.
I bambini che sperimentano tale forma di accudimento sono spesso percepiti all’esterno come “mini-adulti”, molto responsabili e attenti ai bisogni dei genitori. Spesso non destano preoccupazione e apparentemente l’infanzia sembra procedere per il meglio: è necessario sottolineare che i disagi in età infantile non vengono espressi con le parole ma con il linguaggio simbolico, attraverso il gioco e il corpo. E questa modalità di espressione non viene sempre compresa dagli adulti.
Negli anni potranno manifestarsi sintomi anche gravi di ansia e depressione. La forza di questi sintomi sarà direttamente proporzionale al periodo di accudimento invertito: più breve sarà e maggiori saranno le possibilità che il bambino torni a funzionare secondo le modalità tipiche della sua età cronologica; più lungo sarà il periodo e maggiore sarà la possibilità di uno sviluppo distorto della sua personalità.
Ma non tutte le situazioni di forte disagio familiare possono essere patologiche per un bambino: se nei primi anni di infanzia ha ricevuto le cure e le attenzioni necessarie è probabile che riuscirà a far fronte ad eventuali richieste di responsabilizzazione senza eccessive difficoltà e senza pesanti conseguenze per il suo futuro.
Molto interessante, a questo proposito, un documento video realizzato RSI LA1 Svizzera (2012). Nel video viene mostrato il punto di vista di un bambino che si prende cura dei genitori dopo la separazione. I genitori, in particolar modo la madre, sono rappresentati come “bestie” in quanto deformati dal dolore e diventati incapaci di occuparsi del figlio.
Anche se nel documento è trattato il tema della separazione, lo stesso meccanismo può essere esemplificativo per altre situazioni in cui uno o entrambi i genitori, vivendo una situazione di sofferenza psicologica, non riescono a prendersi cura dei figli.
Cosa consigliare ai genitori?
Innanzitutto di prestare molta attenzione ai primissimi anni di vita di un figlio: sono stadi che potranno renderlo un bambino sicuro e autonomo, dotato di un proprio carattere, ma privo di particolari problemi. Ai genitori che invece stanno attraversando un momento di difficoltà, occorre ricordare che un bambino, per quanto ci possa sembrare responsabile, non è un adulto. Chiedere aiuto ad un esperto in situazioni di malessere non è un segno di debolezza, ma un’occasione per migliorarci e per proteggere i figli da noi stessi.