È difficile accorgersi di avere un disturbo psicosomatico. Se si ha un forte mal di pancia ad esempio il primo istinto è quello di correre dal medico o dallo specialista, che dopo aver effettuato le dovute analisi può suggerire al paziente di rivolgersi ad uno psicologo perché si trova davanti ad una situazione di difficoltà emotiva più che fisica.

Capita che le emozioni troppo dolorose o troppo stressanti per essere vissute in maniera libera vengano represse e che sia invece il corpo a incanalarle in uno o più sintomi, ma quali sono le caratteristiche del paziente che soffre spesso di disturbi psicosomatici? Lo abbiamo chiesto al nostro esperto il Dott. Matteo Monego:

È vero le emozioni dolorose, l’ansia, la rabbia anziché essere espresse e in qualche modo elaborate vengono spostate e indirizzate su alcuni organi del corpo, in genere più deboli degli altri, agendo su vari apparati come quello gastrointestinale (gastriti, ulcere, nausea, etc.), quello cardiocircolatorio (tachicardia, ipertensione, etc.), quello cutaneo (psoriasi, dermatiti, sudorazione, etc.), quello respiratorio (asma), quello urogenitale (eiaculazione precoce, disfunzione erettile, enuresi, etc.), quello muscoloscheletrico (cefalea, crampi, artrite, etc.).

Anche i disturbi dell’alimentazione (bulimia e anoressia) rientrano in questa categoria, e anche se non viene citata spesso come causa, la somatizzazione può abbassare anche le difese immunitarie rendendoci più deboli ed esposti agli agenti patogeni.

2 tipi di disturbi psicosomatici

  • Disturbi psicosomatici primari, in cui la componente psicologica aggrava una disfunzione somatica già presente nell’organismo;
  • Disturbi psicosomatici secondari, in cui non vi è alcuna disfunzione biologica preesistente.

Per quanto non sia possibile tracciare un vero e proprio l’identikit del “paziente psicosomatico”, è pur vero che queste persone presentano delle caratteristiche comuni.

Eccessivo controllo

Si riscontra spesso, in esse, una tendenza a non esprimere tensioni, ansie, preoccupazioni che tendono invece ad accumularsi e a trovare una via di sfogo a livello fisico. I soggetti molto razionali, ad esempio, rientrano nella descrizione appena fatta: mostrano un ottimo adattamento alla realtà, un pensiero ricco di contenuti ma molto povero di emozioni. Hanno difficoltà a lasciare emergere sentimenti negativi che in qualche modo hanno imparato a compensare attraverso il ragionamento.

Scarsa autostima e famiglia disfunzionale

Un altro tratto caratteristico è la scarsa autostima: si percepiscono come individui deboli, incapaci di cavarsela con i propri mezzi e inferiori agli altri. Per alcuni di questi soggetti vi è alle spalle un ambiente familiare freddo, che non li ha aiutati a sentirsi amati. Siamo alle prese con famiglie in cui le emozioni sono controllate al fine di evitare contrasti e conflitti per mantenere un’armonia apparente. Spesso i genitori manifestano eccessive preoccupazioni sullo stato di salute dei familiari e mantengono un atteggiamento iperprotettivo.

Da questo punto di vista, il disturbo psicosomatico rappresenta un modo per attirare l’attenzione su di sé. Questa modalità è stata poi utilizzata anche nel rapporto con gli altri, come una “nuova identità” (quella del malato) con cui inserirsi nella società.

Come è possibile aiutare una persona che soffre di un disturbo che non trova corrispondenza nella medicina?

Sicuramente chiedere un supporto ad un esperto in disturbi psicosomatici rappresenta la strada migliore anche se è possibile fornire qualche consiglio che potrebbe essere già un piccolo aiuto.

  • Cercare di diventare delle persone autonome, ad esempio, sforzandosi un po’ alla volta di affrontare situazioni difficili da soli, senza chiedere immediatamente aiuto agli altri: questo non solo ci renderà delle persone più forti ma aumenterà anche la nostra autostima.
  • Imparare a comunicare in modo assertivo ci consentirà di esprimere le nostre emozioni e le nostre esigenze anziché doverle tenere nascoste.
  • Sforzarci di rispettare gli impegni in ogni situazione anche quando si avrebbe voglia di mollare tutto ci aiuterà ad alzare il livello di tolleranza dello stress.
  • Utilizzare pensieri positivi ci permetterà di non rimanere prigionieri di un passato vissuto spesso come fonte di negatività: valorizzando quello che abbiamo, concentrandoci sui nostri punti di forza, pensando alle possibili soluzioni di un problema, riusciremo a toglierci di dosso l’immagine negativa di noi stessi.
  • Praticare dello sport ci permetterà di cambiare la percezione del nostro corpo, vissuto non più come debole e malato ma come sano e forte. Se poi pratichiamo degli sport fisicamente impegnativi riusciremo a far calare anche il livello d’ansia e di aggressività: tirare pugni e calci con un sacco rappresenta un buon esempio.

E come disse una volta un medico “illuminato”:

“se proprio non riesce a seguire alcun consiglio, almeno impari ad arrabbiarsi mentre guida; l’aiuterà a sfogare le sue emozioni.”