Sono usciti gli scrutini e tante famiglie si trovano davanti a un risultato che non era quello sperato. A volte vissuto come un’ingiustizia, a volte come una sconfitta, a volte come un vero e proprio dramma, una bocciatura lascia il segno. Ma è davvero una cosa così tremenda? Come si possono aiutare i ragazzi e le famiglie che si trovano in questa fase?

È una tendenza molto attuale, quella dei genitori che si sfogano sui social network, vanno a ruota libera di insulti verso le maestre e i professori, sembra che lo vivano come un fallimento anche per loro e danno la colpa, tutta la colpa agli insegnanti.

E invece, cosa può fare uno psicologo per le famiglie che passano una fase così delicata? Dalla fase di rabbia iniziale cosa ne verrà dopo? Abbiamo chiesto al nostro esperto, il Dott Matteo Monego:

L’anno scolastico è ormai terminato e a breve i ragazzi avranno l’esito: se una parte, la maggioranza, sarà felice per la promozione, l’altra, la minoranza, sarà disperata per la prospettiva di dover ripetere l’anno scolastico o, alla meglio, di dover passare le vacanze a studiare per cercare di riparare i debiti.

Tra le due, ovviamente, la prima è la prospettiva peggiore da dover affrontare: sensi di colpa, tristezza, morale sotto i tacchi e spesso, come se non bastasse, una famiglia da affrontare.

Ma esiste un atteggiamento migliore da adottare?

A livello personale sarebbe importante una profonda riflessione sul perché di un simile esito negativo, evitando il più possibile di attribuire le colpe ad elementi esterni: il professore che “ce l’ha con me”, il problema d’amore che mi ha impedito di studiare, l’amico in crisi da consolare, il difficile rapporto con i genitori.

La domanda più corretta a cui dare una risposta è: perché non sono riuscito a recuperare le insufficienze e/o a migliore il comportamento?

In fondo la scuola e lo studio sono attività personali non così complicate da portare a termine. E allora in che cosa ho sbagliato? E soprattutto, quale atteggiamento dovrò tenere il prossimo anno per evitare una nuova delusione?

Potrebbe essere utile, da questo punto di vista, parlare con i propri insegnanti per capire fino in fondo il loro punto di vista e utilizzarlo come guida l’anno successivo. Un anno perso nel percorso scolastico non rappresenta necessariamente un dramma se ci si rimbocca le maniche e si modificano quegli atteggiamenti sbagliati (poco studio, bassa attenzione in classe, comportamento scolastico non adeguato) che hanno portato alla bocciatura.

Molte persone, anche di successo, hanno avuto in parecchi casi storie di insuccessi alle spalle, soprattutto dal punto di vista scolastico: quello che in loro ha giocato un ruolo positivo è stato proprio aver imparato da una delusione a cambiare il proprio atteggiamento, a mettere a fuoco gli aspetti principali che hanno evitato loro nuove delusioni.

E i genitori?

Questo discorso vale anche per le famiglie che devono affrontare una bocciatura del loro figlio: prendersela con gli insegnanti, sfogarsi sui social network può rappresentare solo una reazione immediata per sfogare la rabbia, ma non deve assumere mai l’aspetto di una giustificazione per gli insuccessi dei figli.

I genitori non sono presenti in classe durante l’anno, non sono presenti durante le verifiche, non possono avere un’impressione diretta dell’atteggiamento del ragazzo nei confronti dei suoi insegnanti.

Partire da questo presupposto aiuterebbe le famiglie a cercare un dialogo con i professori anziché lo scontro, ad approfondire i perché di una bocciatura anziché liquidarla come un “colpo basso” della scuola. Solo in questo modo i genitori potranno cercare di essere di aiuto al proprio figlio mantenendo un atteggiamento in grado di non colpevolizzarlo eccessivamente da un lato e metterlo di fronte alle proprie responsabilità dall’altro.

Un figlio non deve prendere buoni voti solo per renderci felici: lo deve fare principalmente per se stesso, deve sentirsi orgoglioso del proprio percorso scolastico. Come genitori prima riusciamo a responsabilizzare i nostri figli e prima riusciremo a non sentirci frustrati da eventuali insuccessi e prima otterremo un processo di maturazione in loro.

Il punto di vista del professore

Abbiamo chiesto alla Prof.ssa Giovanna Conti, insegnante di lettere in una scuola superiore di Milano…

Eccoci arrivati a giugno, il momento più duro per ogni insegnante, in cui tutto il lavoro di un anno (spiegazioni, verifiche, colloqui, recuperi, raccomandazioni) precipita in un unico incontrovertibile giudizio: ammesso, non ammesso, sospensione del giudizio. In effetti, ciò che spesso causa malumori negli studenti e nelle loro famiglie è proprio la mancanza di consapevolezza che in quelle poche parole presenti sui tabelloni si condensa un anno di lavoro, in cui lo studente e le famiglie sono state più volte informate dell’andamento scolastico.

In alcuni casi, invece, sembra che le famiglie siano ignare e impreparate ad affrontare un fallimento annunciato. Talvolta si spera che con una sola ed ultima brillante interrogazione si possano recuperare le lacune di un anno, o che sia sufficiente mostrare un po’ di impegno nell’ultimo mese per ritenersi meritevoli di “un aiutino”.

Le cose, però non sono proprio così. Il processo di valutazione di un insegnante è un processo complesso e personalizzato, che tiene conto di molteplici fattori: il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento previsti, l’impegno, il comportamento, le possibilità dello studente, il percorso durante l’anno, ecc…

L’errore più grave che possono commettere i genitori è quello di screditare la figura dell’insegnante e la validità del suo giudizio davanti ai propri figli che, in questo modo, si sentiranno legittimati a pensare che in fondo “è colpa dell’insegnante che non sa fare il suo mestiere” e troveranno in questo modo l’alibi per evitare di fare una riflessione seria sulle loro responsabilità.

Se è vero, infatti, che può capitare di non condividere la valutazione di un insegnante, è altrettanto vero che l’azione educativa degli adulti deve essere compatta e, mirare a fare in modo che il ragazzo prenda coscienza delle sue responsabilità e riconosca eventuali errori per poter operare dei cambiamenti e, in questo modo, crescere.

A un insuccesso si sopravvive

Che sia di aiuto al ragazzo che è stato bocciato o ai genitori, se lo si chiede a chi ci è passato nel momento in cui ormai è adulto vi dirà che la bocciatura non è stata un disastro, anzi probabilmente vi dirà che gli ha insegnato qualcosa:

A lasciare fuori dallo studio o dal lavoro i problemi personali – sembrerà un po’ arido, ma aiuta a crescere. Se si compromette la propria formazione o il proprio lavoro per problemi personali si smette di campare, problemi nella vita ce ne saranno sempre, imparare a gestire i problemi significa anche non farsi sormontare da loro, non permettere che pervadano tutti i momenti della nostra vita. Quindi se la bocciatura è stata causata da problemi personali l’importante sarà vedere quali sono e imparare a gestirli con l’aiuto della famiglia o di uno psicologo specializzato in orientamento scolastico.

Il prof. è cattivo non è una scusa – la vita sarà piena di persone che non capiscono le richieste di aiuto, che non sono disponibili a dare una mano, che semplicemente non vedono che un atteggiamento che adottano compromette la motivazione di chi gli sta intorno, e poche saranno disponibili a cambiarlo per metterci a nostro agio: ergo bisogna imparare a sopravvivere ai cattivi! Di solito i docenti sono ben disposti ad aiutare e se si è fortunati anche in ufficio si troverà gente umana e carina, ma sappiamo bene che non è sempre così. Ammesso e non concesso che ci sia stata la sfiga di trovarsi davanti il prof cattivo, che non dialoga con gli studenti ma che rifila montagne di compiti, bisogna trovare il modo di sopravvivere. Farsi aiutare da un “prof buono” ad esempio, ce ne sono sempre in giro. Infondo imparare a sopravvivere a situazione difficili o scomode serve nella vita almeno quanto parlare perfettamente 3 lingue.

Un insuccesso non significa niente – cadere vuol dire solo che bisogna rialzarsi. Mettere una mano davanti all’altra, spingere in alto le ginocchia e imparare la lezione. A volte si sente parlare di persone favolose e brillanti, i primi della classe, che una volta arrivati all’università si sono bloccati non riuscendo più a proseguire, mentre persone che a scuola hanno riportato debiti o bocciature se la sono cavata molto meglio. Questi ultimi hanno solo imparato ad imparare dai propri errori, magari sono professionisti felici quanto i primi della classe.

Certo non bisogna pensare che venire bocciati non sia nulla di grave, diciamo che è un errore da cui si può imparare infondo anche Einstein era stato bocciato in matematica o no?